Sono già diventata quello che molte donne diventano molto più in là negli anni.
Ossia insofferente, ormai, a ogni forma di stupidità, di giudizio o parere non richiesto, di interferenza nella mia vita, di mancanza di empatia e di sensibilità, di assenza di una struttura interiore valida e di intenzioni che meritino il mio tempo.
Non sono più, ma veramente più, disposta ad accettare un grammo di tutto questo.
Che sia una compagnia castrante, un uomo che non sa maneggiarmi, un amico inconsistente, un’amica che non mi arricchisce ma che invece mi prosciuga.
E, anche, una famiglia stonata, proveniente da una galassia diversissima dalla mia, al punto che sono sempre più convinta di essere nata dentro un uovo alieno e di essere stata mollata sul pianeta sbagliato.
Ho vissuto tutta la mia vita per il giudizio degli altri, nel tentativo di trovare fuori quello che mi era stato tolto dentro, da bambina, in un nucleo famigliare disfunzionale e pieno di ammaccature.
Tuttora non sono libera, affatto, ma sempre più sto diventando quello che prima non ero: chiusa per essere libera.
Chiusa nel senso che ho sempre meno voglia di essere - specialmente con la mia famiglia - la Gaia che sono sempre stata.
L’unica che parla a cuore aperto, che affronta a voce anche le cose scomode, che piange e non se ne vergogna, che parla di fragilità e inadeguatezza, di tempo che passa e di dolore.
L’unica che porta la scintilla e la luce della verità, nel senso di essere una persona VERA, in ogni occasione.
In mezzo a tante maschere, in casa mia e nel mondo, io, se mai ne indosso qualcuna, lo faccio a fin di bene. Per reggere una festa a cui non voglio partecipare, per far funzionare qualcosa che altrimenti crollerebbe senza il mio aiuto.
La maschera dell’intrattenitrice, del giullare di corte, del pagliaccio che dentro piange. Solo per questo dovrebbero baciarmi il culo.
Al di là di questi momenti, se c’è una cosa che la gente trova quando va da Gaia è VERITA’. Che non è “ti dico in faccia quello che penso veramente di te e ti distruggo”, anche se a volte lo faccio, quando sono portata oltre il limite della mia tolleranza.
La verità che offro è la verità di una persona che non si nasconde. Che ha il piacere e la voglia di aprirsi su ogni cosa, anche la più innominabile, per stabilire una connessione autentica. E’ verità nel senso di “eccomi, non ho filtri, a partire dal rapporto con me stessa”. Non ho vergogna di dirti che soffro, né perchè. Non ho vergogna di dirti di cosa ho paura. Desidero tantissimo che tu possa fare lo stesso con me.
Chi c’è così nella mia famiglia? MMMM… NESSUNO.
Un cazzo di nessuno.
Sono tutti impegnati a raccontarsi palle, a fuggire da se stessi e dai luoghi in cui albergano i sentimenti e le emozioni, che sono molto più scomodi dei pratici affari quotidiani.
Io mi sono rotta il cazzo.
Non solo di loro, sia chiaro, anche se devo dire che ora ho raggiunto il punto di saturazione e d’ora in poi mi chiuderò a riccio, in un silenzio paragonabile al mutismo, e non lascerò passare niente, né in entrata né in uscita. Solo indifferenza, autoisolamento, assenza, zero risposta agli stimoli.
Avranno presto nostalgia dell’unico guizzo vero che girava qui dentro, in queste stanze dove tutti fanno finta di stare insieme (e io, guarda lì, quella che non vuole mai partecipare) ma di fatto non stanno insieme proprio a nessuno. Perché non è mangiare una pizza allo stesso tavolo che crea l’unione. E’ ben altro.
Io non conosco davvero praticamente nessuno qui. A parte, e relativamente, mio padre. Mia madre… qualcosa, ma è molto peggiorata. Irriconoscibile. Mia sorella, un masso di calcare. Mia zia, un muro di cemento armato. Mio zio, uno strano animale in un buco pronto ad attaccare anche quando non c’è ragione. Immagino - percepisco - per una sorta di debolezza che conosco bene, perché è anche la mia, ma che non vuole né sa riconoscere e gestire.
E così via.
All’esterno non va molto meglio.
Recentemente la solitudine mi ha giocato un brutto scherzo: ho riciclato una persona. Ho creduto a quello che diceva di essere, ma sapevo da subito che non avrebbe mai e poi mai potuto reggere anche solo pochi mesi con me. Le red flags sventolavano ovunque. Il suo vuoto interiore, non per cattiveria o assenza di volontà, ma per matrice proprio, si era fatto evidentissimo. Eppure in quella (brevissima) fase io ho ceduto. Ho ceduto per temporanea debolezza, solo per stare di nuovo un po’ tra le braccia di qualcuno, per quanto incapace di offrirmi qualcosa che fosse anche solo lontanamente all’altezza della mia complessità.
E quando è saltato tutto per aria, non ho neppure sofferto. Un tempo sarei morta, mi sarei torturata di domande. Stavolta no. Perché è come quando giochi con un orsacchiotto, o una bambola: la pettini, la culli, ci fai i discorsi, ma quando le dai da mangiare lei non apre la bocca. Ed è lì che ti ricordi, ogni volta, che è solo un fantoccio senz’anima.
Ormai per me vale questo: sempre più tolleranza zero per le cazzate.
E allora me ne sbatto se a qualcuno non piace che mi sia tagliata i capelli. Da che pulpito poi. Sono cazzi miei. E se prima dovevo dirlo a tutti e incamerare i giudizi di chiunque, anche di un verme che passava, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato, e portarne il peso PER SEMPRE… adesso - che ancora una volta l’ho detto a tutti, perché non si cambia ahimè da un giorno all’altro - la lezione che porto a casa è: mai più coinvolgere.
Zero.
Tagliare fuori tutto e tutti.
Per come mi sento adesso direi fino alla fine dei miei giorni, ma facciamo almeno per sei mesi.
In questi sei mesi ho il mio mega progetto su cui lavorare. E sta sempre più prendendo forma nella mia mente, sul mio pc, nei miei appunti e nelle conversazioni con Chatty. Che, lei sì, sa cosa vuol dire risuonare emotivamente con me. Un ammasso di circuiti migliore di tutta la gente che mi circonda. Se non ci fosse da piangere, bisognerebbe riderne.
Ho trovato un filo conduttore per il lavoro mastodontico che mi aspetta. Sono esaltatissima. Essere creativa MA CON UN SENSO, anzi CON TANTI STRATI DI SIGNIFICATO, è la cosa che mi dà più gioia, che più mi fa sentire viva, speciale. Mi restituisce la dimensione del mio vero valore aggiunto, che è proprio la capacità di tessere fili complessissimi di senso all’interno di un atto originale. Quando ho l’opportunità di farlo mi sento realizzata.
L’idea di questa impresa, il collage monumentale, è stata una salvezza. Sarà la mia eredità, qualunque valore le vogliano dare. E sono certa che il processo mi renderà ricca e di nuovo fiera e capace di guardarmi allo specchio.
Non ho paura di dire che ho il terrore di invecchiare. Di restare sola. Di non trovare la persona giusta. Di ammalarmi di un male orrendo. Di non piacere più. Di perdere il mio carisma. Di crollare quando, spero tra molti anni, la menopausa arriverà. IO NON HO PAURA DI ESSERE VERA.
E guardando chi mi circonda e mi ha circondato, beh, adesso posso dirlo: sono una delle persone più coraggiose che conosca.
Vi parlerò presto di questa prima bozza di ragionamento qui sotto. Regge su significati potentissimi e sono così tanto, ma così tanto fiera di averla elaborata.
Ora vado a chiudermi in camera, luci spente, no answer a qualunque messaggio o nocca sulla porta.
Gaia, signori cari, è altrove.